Descrizione

in tubolare zincato a caldo DX 51, è la soluzione ideale per ridurre al minimo l’impatto che un impianto di biogas ha sull’ambiente (in particolare le emissioni in atmosfera e gli odori, elemento estremamente critico e di forte impatto sul benessere stesso della cittadinanza). Le strutture vengono realizzate su misura per soddisfare qualsiasi tipo di esigenza.

Materiali per la copertura:

PVC 600 gr/mq: grande capacità di resistenza termica, antigrandine, resistente a lacerazioni e trazioni. Disponibile in vari colori

Sui teli saranno possibili lavorazioni personalizzate (ad esempio aggiunta di finestre) per permettere alle macchine di svolgere al meglio la loro attività di carico/scarico.

Di seguito la NORMATIVA dell’ARPA che spiega i motivi per i quali è necessario coprire le vasche di decantazione.

Impianti a biogas

Un impianto di biogas è costituito da diverse sezioni e componenti tecnologiche:

  • sezione di ricezione stoccaggio delle biomasse ( trincee, vasche per liquame, vasche per i sottoprodotti vegetali) 
  • sistema di alimentazione dei substrati (pompe, tramogge, coclee, ecc.); 
  • digestore anaerobico (vasca, copertura, sistema di riscaldamento, miscelatori, valvole di sicurezza, ecc.);
  • trattamento biogas (deumidificazione, desolforazione, filtrazione, ecc.)
  • unità di cogenerazione (motore, alternatore, scambiatore, circuito raffreddamento, scarico fumi, ecc.);
  • installazioni elettriche ed allacciamento alla rete (quadri, cabina di trasformazione, contatori, ecc.);
  • strumenti per l’automazione e il controllo; 
  • sezioni di stoccaggio del digestato ( vasche chiuse per il digestato  talquale  o chiarificato , piazzale  coperto e tamponato  per il digestato solido).

CRITICITA’

Gli impianti a biomassa hanno diversi  tipi di impatto sull’ambiente; fra i più rilevanti quelli relativi ad alcune matrici ambientali , all’impatto sulla filiera agronomica (fertilizzanti, consumo suolo fertile ecc.), alla richiesta della biomassa e la conseguente necessità di colture dedicate con emissioni aggiuntive dovute al trasporto della biomassa stessa.
Sotto il profilo ambientale vanno considerate gli  impatti su:

  • Emissioni in atmosfera e odori
  • Rumore
  • Traffico
  • Utilizzazione energetica del biogas

Alcune esperienze negative vissute in Emilia-Romagna, a seguito dell’attivazione dei primi impianti autorizzati nel 2009 ha posto in primo piano, il tema degli odori come elemento estremamente critico e di forte impatto sul benessere stesso della cittadinanza. Il processo anaerobico di decomposizione della materia organica, se non governato efficacemente, può portare infatti  alla formazione di odori sgradevoli.
L’esperienza acquisita ha portato a identificare come potenziali fasi critiche,dal punto di vista dell’impatto ambientale  le seguenti :

  • Ricezione,stoccaggio e movimentazione delle biomasse in attesa del loro caricamento nell’impianto,
  • Conversione energetica del biogas (metanizzazione)
  • Trattamento e stoccaggio del digestato

Per garantire la tutela dell’ambiente e mitigare i potenziali impatti ambientali (emissioni atmosferiche, in particolare quelle odorigene, traffico, rumore, ecc.) risultano elementi decisivi una corretta progettazione e soprattutto una adeguata capacità di gestione delle fasi più delicate relative ai processi biologici che sono alla base della digestione anaerobica; a tal proposito la Regione Emilia Romagna con la  Delibera di Giunta Regionale n. 1495 del 24 ottobre 2011 “Criteri tecnici per la mitigazione degli impatti ambientali nella progettazione e gestione degli impianti a biogas” ha fissato i criteri relativi alla progettazione e gestione  degli impianti stessi quale importante supporto tecnico nella fase di istruttoria delle richieste di autorizzazione alla installazione degli impianti e nella succesiva fase di gestione degli impianti stessi.
I criteri tecnici finalizzati alla mitigazione degli impatti ambientali prevedono  MISURE DI PREVENZIONE di  carattere sia strutturale che devono essere prese in considerazione ed applicate  già in fase di progettazione che gestionale insite nella corretta conduzione quotidiana di un impianto.

Le misure strutturali individuate dalla normativa regionale riguardano in modo particolare lo stoccaggio dei materiali da inviare a digestione anaerobica e lo stoccaggio ed eventuale trattamento del digestato prodotto .

Fase di ricezione e stoccaggio delle biomasse in attesa del loro caricamento nell’impianto

Le modalità di stoccaggio variano a seconda della tipologia di biomassa e del grado di fermentescibilità di questa e si riferiscono principalmente a:

  • insilati il cui stoccaggio avviene su platea, secondo una pratica agricola consolidata per questo tipo di processo.
  • sottoprodotti di origine agroalimentare per il cui stoccaggio devono essere previsti accorgimenti di tipo impiantistico e gestionale più o meno spinti in relazione alla peculiarità stessa della biomassa e al suo potenziale odorigeno, quali ad esempio lo stoccaggio in vasche/contenitori chiusi a tenuta, salvo un’apertura minima per gli sfiati che dovranno essere trattati  in arre dove la pavimentazione,quando presente, deve essere impermeabilizzata e sagomata in modo da favorire il rapido sgrondo di eventuali percolati che non dovranno essere o  inviati direttamente al digestore o  raccolti in attesa del caricamento.

Fase di trattamento e stoccaggio del digestato prodotto

Sotto il profilo impiantistico, la normativa regionale ha definito la capacità dei contenitori   che deve essere calcolata in rapporto ai quantitativi di materiali trattati dall’impianto che , non può essere inferiore al volume di digestato prodotto tal quale o chiarificato in 180  giorni per impianti con terreni in Zone Vulnerabili da Nitrati e 120 giorni per impianti con terreni in Zone Ordinarie.
Sono state inoltre  individuati  alcuni presidi strutturali, quale ad es. la copertura della vasca di stoccaggio del digestato liquido  e la copertura con tettoia e tamponatura laterale dell’area in cui viene stoccato il digestato solido  nonché  il convogliamento a impianto di trattamento, in genere consistente in un biofiltro dell’aria aspirata dai locali in cui si effettui  una separazione del digestato tal quale  con  centrifughe;    in tal fattispecie la Delibera ha  inoltre fissati  valori guida a cui fare riferimento per le emissioni odorigene all’uscita dell’impianto di trattamento in termini di concentrazione di odore espresso in unità odorimetriche e concentrazione di ammoniaca e prescritto al gestore l’effettuazione di almeno 2 autocontrolli/anno.

Utilizzazione energetica del biogas
Questa fase, se non opportunamente progettata e gestita può determinare impatti negativi; come misura progettuale vi è l’obbligo di dotare l’impianto di dispositivi di sicurezza (torcia di emergenza o caldaia o un motore aggiuntivi) per la combustione del biogas quando quest’ultimo non è avviato ai consumi finali.
Inoltre in fase di avvio dell’impianto quando il biogas prodotto non ha sufficiente contenuto di metano per essere inviato al cogeneratore  o per essere bruciato nella torcia di emergenza viene richiesto l’adozione di un sistema che eviti la  immissione in atmosfera del biogas non trattato attraverso l’utilizzo di combustibili supplementari (es. gpl, gas di rete) per sostenere la torcia o l’invio ad idoneo impianto di trattamento prima dello scarico in atmosfera (es. cartucce con filtri a carbone attivo).
La Delibera indica inoltre alcune accorgimenti progettuali da adottare per attenuare i livelli sonori dell’impianto; in particolare i moduli di cogenerazione che utilizzano il biogas per la produzione di energia elettrica e calore devono essere collocati all’interno di una sala motori, realizzata in muratura o in container, e comunque devono essere costruiti in modo da contenere adeguatamente l’impatto acustico.

MISURE GESTIONALI per la riduzione delle emissioni (odori, ammoniaca, gas serra)

La delibera ha inoltre fissato alcune prescrizioni  gestionali  che riguardano le sezioni considerate potenzialmente a rischio soprattutto per la generazione di odori:

  • Ad esclusione degli insilati, limitare al massimo di 72 ore  i tempi di stoccaggio dei materiali  con tenore di Sostanza secca < 60%, in attesa del loro caricamento al digestore , al fine di prevenire fenomeni di anaerobiosi, fonte primaria di emissioni maleodoranti;
  • Evitare imbrattamenti dei piazzali per perdite di materiale solido o di percolato.
  • In tutte le fasi di trasporto, carico, scarico dell’insilato, utilizzare  mezzi chiusi e a tenuta e con apposita benna/trancia insilato; nel caso di scarico da autobotti il liquido deve essere immesso nel contenitore sotto al pelo libero oppure utilizzando un circuito chiuso.
  • Condurre lo  stoccaggio del digestato separato solido in cumuli di dimensioni contenute e periodicamente rivoltati per evitare fenomeni di anaerobiosi all’interno dei cumuli

Altro aspetto rilevante sotto il profilo gestionale  e impiantistico è  che siano garantiti i tempi di permanenza delle biomasse nel reattore biologico necessari per la degradazione completa della massa organica e quindi per la produzione di un digestato stabilizzato; per un ottimale funzionamento tali tempi devono essere ovviamente definiti in fase progettuale, sulla base delle caratteristiche delle biomasse che saranno utilizzate e delle percentuali relative delle miscele.

Tra le misure gestionali introdotte particolare importanza riveste il monitoraggio in capo al proprietario dell’impianto delle emissioni odorigene attraverso campionamento alle sorgenti più impattanti e al confine, ad esito del quale, trascorsi 2 anni di monitoraggio, in presenza di problematiche riscontrate, l’Autorità competente dovrà prorogare dovrà prorogare la conduzione del monitoraggio e, se necessario, potrà richiedere, sulla base dei dati ricevuti, un approfondimento modellistico e/o pervenire ad una proposta di adeguamento strutturale dell’impianto allo scopo di contenere i livelli di concentrazione di unità odorigene registrate per il contenimento.

Un ulteriore contributo al contenimento degli impatti derivanti dalle emissioni in atmosfera degli  ossidi di azoto, monossido di carbonio e polveri in relazione alle ben note criticità di qualità dell’aria del territorio della Regione Emilia-Romagna,  nel 2011 in virtù di due decreti che hanno permesso alle Regioni di stabilire limiti di emissione più restrittivi di quelli nazionali anche per impianti rientranti nella categoria di impianti con emissioni scarsamente rilevanti, la Regione Emilia-Romagna è intervenuta con una Delibera la 1495/2011  fissando  per gli ossidi di azoto e il  monossido di carbonio limiti più restrittivi dei nazionali obbligando di fatto il gestore all’adozione di  sistema di abbattimento degli ossidi di azoto e del monossido di carbonio soprattutto in caso di cumulo di impianti in aree limitrofe.